Tradizione, religiosità e creatività
La Festa del Covo, che si tiene ogni anno la prima domenica del mese di agosto e nei giorni ad essa precedenti, è una festa di ringraziamento dedicata alla prodigiosa immagine della Madonna Addolorata che si venera nel Santuario di Campocavallo. A Lei viene offerto in festante processione il Covo, una vera e propria opera d’arte rurale realizzata con 2-3 milioni di spighe di grano sapientemente intrecciate.
I preparativi partono da lontano, terminata un’edizione si è già al lavoro per la successiva. Tant’è che c’è tradizione di annunciare già nel corso della Festa quale sarà il tema del Covo dell’anno successivo. L’ abilità, la maestria, la perizia con le quali, uomini e donne, anziani e giovani, tutti assieme, costruiscono i Covi, rappresentano una delle ultime espressioni della creatività, dei saperi e della capacità della nostra gente di saper produrre, innovare, valorizzare quanto la natura ci offre, in un rapporto che è sempre stato di grande rispetto ed amore verso la madre terra ed i suoi frutti.


Dal 13 agosto 1939, data della sua prima edizione, la Festa del Covo mantiene immutata la sua tradizione ed intatti i valori che l’hanno accompagnata e caratterizzata nel tempo. Resta essenzialmente la fede il motivo che guida da sempre la gente di Campocavallo nella realizzazione del Covo. Questa Festa si inserisce infatti nel solco della religiosità popolare marchigiana, espressione con cui si suole indicare gesti, preghiere e atteggiamenti religiosi della tradizione popolare, della pietà popolare.
La Festa del Covo sembra mantenere, inoltre, alcuni aspetti dell’arcaico retaggio della religione rurale, del rapporto cioè tra antiche culture e messaggio evangelico, quando una nutrita serie di orazioni e di gesti accompagnava la vita dei campi, e arature, seminagioni, messi, bestiame, pioggia, sereno venivano affidati incessantemente a Dio e ai santi, perché il ciclo della fecondità della terra continuasse a sostenere l’esistenza degli uomini che vi abitavano.
La Festa del Covo è anche una delle più autentiche espressioni della civiltà contadina delle Marche, ormai scomparsa, che contrassegnò la vita di gran parte degli abitanti della nostra regione per molti secoli e fino agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso.


Oggi, questa Festa, diviene un'occasione per l'uomo e per la comunità di riappropriarsi di quei valori che passano in secondo piano nella nostra civiltà moderna. È inoltre occasione di recupero della dimensione festiva come momento aggregante, in cui aumentano le possibilità per l'uomo di comunicare con il resto della collettività, di integrarsi e di identificarsi come parte della comunità e di parteciparvi attivamente.